Comunichiamo troppo, a volte poco, altre volte per nulla.
Non solo, comunichiamo secondo il nostro stato d’animo che può essere più o meno sereno, dall’allegro al triste, dall’euforico al furioso. Lo stesso messaggio verbale in tempi diversi può essere trasmesso con toni e gesti che possono distorcerlo a piacere provocando reazioni del tutto opposte; chi lo riceve infatti può a sua volta non essere nello stato d’animo migliore per interpretarlo, può essere una persona altamente ansiosa piuttosto che sanguigna in un momento di stress.
È proprio così che, scintilla dopo scintilla, si possono creare piccole e grandi frizioni tra le persone che conducono allo scontro oppure al distanziamento tra i soggetti che hanno vissuto anche una sola esperienza negativa. Ciò accade ovviamente quando si comunica negativamente ma lo stesso fenomeno può verificarsi anche quando non si comunica; l’assenza di informazione o peggio, l’omissione della stessa, può causare problemi a catena nel resto della comunità. Immaginiamo ad esempio che questo possa accadere in una struttura sanitaria piuttosto che in un sito produttivo: la mancanza anche di un solo dettaglio, può generare conseguenze inenarrabili.
Nella gran parte delle imprese non esiste una policy di comunicazione interna, ovvero regole che determinino come ci si deve comportare per trasmettere messaggi in forma singola o distribuita, piuttosto che definire canali e modalità corretti per evitare effetti indesiderati quali lentezza del circolo d’informazione, distorsione dei messaggi e conseguente caos provocato dal boomerang emotivo dei riceventi.
L’obiettivo di miglioramento può partire solamente dalla consapevolezza, ovvero dalla presa di coscienza che il fenomeno innanzitutto esista ma non solo, serve comprendere il raggio di portata e diffusione per determinare gli effetti negativi generati ed in via di generazione. I metodi per delinearne il contorno possono essere vari; certamente una indagine universale che coinvolga tutti gli attori aziendali è da considerare come un buon punto di partenza ma non è sufficiente per determinare con esattezza cause e stabilire rimedi. L’attività svolta deve coinvolgere in primis gli stakeholder delle relazioni interne, le figure che influenzano il clima aziendale e che devono essere opportunamente individuate a prescindere dal ruolo e dalla mansione svolta; queste persone, i cosiddetti ‘influencer aziendali’ sono le chiavi che combinate insieme consentono di aprire lo scrigno della comunicazione e che possono incidere sensibilmente e garantire il vero cambiamento dall’interno dell’organizzazione, cosa che mai potrebbe avvenire senza il loro contributo attivo.
Nessuna tecnologia e nessun supporto esterno infatti possono modificare i geni di comunicazione di una organizzazione se non mossi in estrema sincronia con il cuore pulsante dell’azienda. Partendo da questo assunto l’obbiettivo chiave di ogni progetto deve scatenare una sorta di ‘rivoluzione relazionale positiva’ che consenta a tutte le persone della struttura di prendere coscienza dei valori potenziali della comunicazione e come quest’ultima possa all’occorrenza essere integrata da strumenti digitali opportuni per agevolare la transizione verso un nuovo modello basato sulla chiarezza, sul rispetto e sulla sensibilità verso gli altri. Ultimo ma non ultimo aspetto, è indispensabile che qualsiasi messaggio sia stimolante e, perché no, anche e soprattutto divertente: il sorriso e la distensione sono gli unici antidoti in grado di stemperare situazioni di stress e ansia e, per questo, è necessario responsabilizzare ogni attore aziendale affinchè il clima rimanga sempre in ‘green light’.
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